Durante la recente mobilità Erasmus+ dedicata al job shadowing, ho avuto l’opportunità di osservare da vicino il funzionamento di una scuola europea particolarmente innovativa, il Collège de Sainte Marie du Sacré Cœur di Pèrenchies, nel nord della Francia. È stata un’esperienza formativa e ispirante, che ha acceso in me nuove riflessioni sul ruolo dell’insegnante e sulle possibilità di rendere l’apprendimento sempre più coinvolgente ed efficace.
Ciò che mi ha colpito sin da subito è stata l’impostazione pedagogica della scuola ospitante: fortemente incentrata sull’apprendimento attivo e sulla partecipazione. Le lezioni si svolgevano in ambienti flessibili, polifunzionali e organizzati per favorire il lavoro a piccoli gruppi, il confronto e la costruzione condivisa della conoscenza.
In questo contesto, gli insegnanti non erano semplici trasmettitori di contenuti, ma veri e propri facilitatori: guidavano gli studenti attraverso attività pratiche, progetti, simulazioni, discussioni e compiti autentici, strettamente legati alla vita quotidiana, al contesto locale e ai temi d’attualità. L’obiettivo era chiaro: rendere la scuola un luogo vivo, concreto, in cui apprendere significasse “fare”, sperimentare, riflettere e cooperare.
Tra le metodologie più significative che ho avuto modo di osservare, meritano una menzione particolare:
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L’apprendimento esperienziale, basato sull’analisi e la risoluzione di problemi concreti;
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La didattica laboratoriale, presente in quasi tutte le discipline, anche in matematica, dove ho visto studenti utilizzare strumenti di misurazione reali e lavorare in gruppo su dati raccolti;
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L’approccio interdisciplinare, che univa saperi diversi rendendo le attività più ricche e significative;
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Il feedback continuo, che sostituiva le classiche valutazioni numeriche con osservazioni costruttive e personalizzate;
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La riduzione dei compiti a casa, sostituiti da attività significative svolte in classe o da brevi riflessioni personali da completare in autonomia.
Tutto ciò ha avuto un impatto molto positivo sugli studenti, che apparivano coinvolti, motivati e ben disposti a collaborare. Era evidente lo sviluppo di competenze trasversali come il problem solving, il pensiero critico e la capacità di lavorare in gruppo.
Come docente, ho tratto numerosi spunti per la mia pratica quotidiana: ho iniziato a progettare attività basate su problemi reali, a riflettere sulla possibilità di una riduzione graduale dei compiti a casa da discutere con i colleghi e le colleghe e a promuovere un approccio più laboratoriale e interdisciplinare, anche grazie alla collaborazione con i docenti curriculari. Un esempio è costituito dall’attività didattica che allego a questo breve resoconto, Progetta il tuo quartiere ideale, che ho intenzione di proporre nella mia classe nella prima parte del futuro anno scolastico.
Questa esperienza non sarebbe stata possibile senza il prezioso lavoro delle colleghe della commissione Erasmus, che hanno organizzato tutto con grande cura e professionalità. A loro va il mio più sincero ringraziamento.
In conclusione, partecipare a questo progetto di job shadowing mi ha dato l’opportunità di osservare un modello didattico centrato davvero sugli studenti e sull’apprendimento autentico. È stata una finestra aperta su una scuola possibile: più viva, più motivante, più efficace. Una scuola che vorremmo costruire, giorno dopo giorno, anche qui da noi.
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